Arsenale di Taranto: i sindacati proclamano lo stato d'agitazione
CISL TARANTO BRINDISI | FP | - Alla vigilia della visita dell’Ammiraglio De Giorgi che, in assemblea pubblica il 4 settembre, incontrerà il personale civile e militare dell’Arsenale, la RSU di Marinarsen e le Organizzazioni Sindacali Territoriali, quando è ormai chiaro lo scenario delle scelte economiche, normative e organizzative del Ministero della Difesa, sottolineano la drammaticità degli eventi che si stanno susseguendo e la loro ricaduta sullo stabilimento e sull’intero territorio. La realtà che oggi appare conferma le valutazioni negative che le oo.ss. nazionali hanno, in ogni sede, rappresentato sulla legge di revisione dello strumento militare che, nel tentativo di ridurre i costi ha solo tagliato posti di lavoro civili e militari, senza realizzare alcun tipo di risparmio e lasciando inalterate ampie aree di privilegio. La recente comunicazione del Comando Logistico sulla impossibilità di finanziare la manutenzione delle navi per il 2015 per mancanza delle risorse necessarie, senza peraltro conoscere la programmazione lavorativa triennale, ha indotto la stessa Marina Militare a richiamare l’attenzione sul peggioramento dei risvolti occupazionali per la città. Accanto alle argomentazioni, da sempre rappresentate dalle oo.ss., sulla necessità di assicurare il ricambio generazionale che garantisca la trasmissione delle conoscenze, sulla necessità di avere infrastrutture, a tutt’oggi indisponibili, che consentano ai dipendenti di lavorare, si aggiungono oggi risvolti inediti che necessitano di un approccio organico di tutti gli attori istituzionali, politici e militari. Se l’internalizzazione delle attività e la valorizzazione della manodopera interna è un valore comune, perseguito e condiviso dalle oo.ss., ipotizzare che alcune lavorazioni o attività logistiche e impiegatizie, siano affidate a personale militare (svolte in verità lodevolmente e con diligenza) ma addestrato e formato per fare altro, non appare certo la soluzione ideale quando si mandano a casa lavoratori senza più futuro. Riteniamo invece necessario innalzare il livello di intervento mettendo in campo iniziative di più ampio respiro. E’ necessario, a tal fine, verificare come i finanziamenti previsti dalla legge di revisione dello strumento militare per l’industria navalmeccanica possano coinvolgere il territorio e come si possano eventualmente coniugare con la proposta di smaltimento ecocompatibile del naviglio militare in collaborazione anche con l’Ilva, così come, invece di piangere sulla mancanza di risorse per la formazione e assistere allo Stato Maggiore Marina che, unilateralmente, sceglie come impiegare i pochi soldi disponibili, deludendo e pregiudicando attività consolidate, si persegua un piano generale che coinvolga le singole regioni che hanno, invece, ampia disponibilità di risorse europee da destinare allo scopo. Non vi sono strade diverse da quelle indicate e non vi sono alternative ad un coinvolgimento di una intera comunità che ha da sempre condizionato e subordinato alla Marina Militare, sacrificando immense porzioni di territorio, le proprie scelte economiche e sociali.