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Consiglio generale: Fumarola, fare uno sciopero generale oggi ha più il sapore della contesa politica


Consiglio generale: Fumarola, fare uno sciopero generale oggi ha più il sapore della contesa politica

CISL TARANTO BRINDISI | - Si sono svolti a Crispiano i lavori del Consiglio generale della Cisl Taranto Brindisi ai quali hanno partecipato, tra gli altri, Giulio Colecchia, Segretario generale Cisl Interregionale Puglia Basilicata e Giuseppe Farina, Segretario confederale nazionale Cisl, ospiti del Segretario Daniela Fumarola.
Di seguito una sintesi degli interventi dei tre dirigenti sindacali, a cura dell’Ufficio stampa della Cisl Taranto Brindisi.

Daniela Fumarola

Ieri c'è stato lo sciopero di lavoratori e lavoratrici del pubblico impiego iscritti alla CISL, a completamento di un percorso che era iniziato unitariamente, con richieste specifiche che CGIL e UIL hanno voluto interrompere proclamando lo sciopero generale. Siamo stati a manifestare sotto le Prefetture di Taranto e Brindisi, ed incontrato i due Prefetti ai quali è stato illustrato un documento di sintesi delle nostre rivendicazioni: una tra tutte, la necessità di riconoscere al più presto il rinnovo del contratto che questi lavoratori attendono da sei anni. Oggi a Firenze, si sta tenendo la prima delle tre grandi manifestazioni con le regioni del Centro, mentre domani toccherà a noi con le regioni del Sud a Napoli, dove arriveremo numerosi. L’ultima si terrà il giorno quattro a Milano. Queste iniziative completano un percorso di coinvolgimento di tutti i livelli dell’organizzazione, a partire dai luoghi di lavoro, dove i nostri associati sono stati raggiunti da una lettera scritta da Annamaria Furlan per diffondere e ribadire che, solo attraverso un’azione mirata di proposta, si può chiedere al Governo di cambiare le scelte di politica economica e sociale fatte finora. Fare uno sciopero generale, che ha più il sapore della contesa politica piuttosto che della proposta, ci sembra fuori luogo in un tempo nel quale non bisogna ulteriormente gravare sulle buste paga. Bisogna tornare a crescere; è un imperativo categorico. E' indispensabile ed urgente una politica economica in grado di produrre, in tempi brevi, l'attesa inversione del declino e di inaugurare un nuovo ciclo lungo di crescita, di ricostruzione industriale, di responsabilità e di coesione sociale, di tutela e di equilibrio ambientale. La condizione decisiva, a tal fine, risiede in una ripresa vigorosa degli investimenti. La ripresa e la crescita non dipendono solo e necessariamente da fattori trainanti europei. Possono partire da un patto interno nazionale, dall'impegno delle forze produttive e finanziarie del Paese, che guardi all’oggi e al medio periodo. Ma, nel nostro contesto, l'Europa comunque gioca un ruolo importante. A livello sociale è necessario il riconoscimento del ruolo insostituibile dei corpi intermedi (famiglie, associazioni, scuola, partiti) nel creare lo spazio della libertà personale. Rispetto all'ambiente, bisogna superare le pratiche di sfruttamento delle risorse naturali che preparano solo disastri. Dopo il tempo della sovranità individuale e statuale viene il tempo della relazionalità. Se l'Europa lavora su questa idea, può riaccendere quella speranza che sembra oggi mancare; solo mettendosi in relazione con altri si può raggiungere un risultato che riesce a tenere insieme le storie dei Paesi, le loro esigenze attuali e future. Ripresa degli investimenti pubblici e privati: i driver di sviluppo che noi abbiamo individuato nell’economia dell’ambiente con le bonifiche e la compatibilizzazione, in particolare dello stabilimento ILVA; l’economia del mare, con i porti di Taranto e di Brindisi, pur con vocazioni diverse, la maricoltura, l’itticoltura; l’economia del turismo, con un’offerta importante, da quella delle masserie a quella culturale dei musei, a quella enogastronomica;  l’economia della difesa (oggi più attuale ed urgente che mai nel nuovo quadro strategico e geo politico del Mediterraneo, a cominciare dalla polveriera libica)  con gli arsenali;  quella del welfare, con la piena attuazione dei piani sociali di zona e dei Pac; quella della salute, con il miglioramento dell’offerta socio sanitaria e con la costruzione di due nuovi ospedali;  l’agroalimentare, così importante nelle nostre realtà, uniti ad una ripresa del processo di industrializzazione sono solo alcune leve che se ben usate possono mettere in movimento segnali di ripresa. Tutto questo unito ad una nuova strategia di sviluppo nazionale, centrata sulle politiche industriali e di settore, ferme da vent’anni in attesa dello sviluppo spontaneo del mercato, che non viene mai, deve considerare il Mezzogiorno una risorsa e deve essere in grado di coniugare un'azione strutturale di medio lungo periodo ed un piano invece di primo intervento che debba essere condiviso e rilanciato con estrema urgenza. Per far questo non c'è bisogno di ricorrere allo sciopero generale che addirittura la Cgil ha spostato al 12 per accogliere la Uil sempre più in confusione, né tantomeno ad un atteggiamento molto autoreferenziale del premier Renzi, il quale ritiene di poter fare tutto da solo. Quel che sta accadendo in altre parti d’Italia, una vera e propria guerra tra poveri, i penultimi della scala sociale contro gli ultimi,  gli italiani contro gli immigrati, per la casa, la vivibilità dei quartieri, per il lavoro che manca, anche per quello che un tempo era disprezzato e lasciato a loro e che oggi diventa importante, ci deve indurre a studiare, approfondire la conoscenza delle cause del disagio sociale, che non è poi così distante da noi, dai contesti nei quali viviamo e svolgiamo la nostra attività, per poi cercare di trovare soluzioni attraverso il coinvolgimento delle istituzioni e dei diversi mondi della rappresentanza. Il sindacato nuovo di Romani e Pastore poggiava le sue basi sulla contrattazione di secondo livello, sulla partecipazione, alle quali possiamo aggiungere la bilateralità in chiave moderna. Il tema del rapporto tra lavoro e sviluppo economico e, conseguentemente, il contributo autonomo che il lavoro può offrire allo sviluppo è una costante della riflessione teorica e politica della Cisl. Questa linea di pensiero e di proposta raggiunse due momenti alti: il progetto di risparmio contrattuale, a metà degli anni cinquanta, in connessione al Piano Vanoni, si proponeva di assumere, come obiettivo del sindacato, l’incremento del reddito e dell’occupazione, fino al punto di fare della politica salariale, attraverso forme di risparmio volontario dei lavoratori, un elemento determinante dell’accumulazione del capitale e della politica degli investimenti, così valorizzando la nostra idea associativa; ed il progetto di fondo di accumulazione, elaborato all’inizio degli anni ottanta, che intendeva realizzare un fondo gestito dai sindacati finalizzato agli investimenti una sorta di “banca”. Ma anche in quella circostanza la Cgil si oppose per una posizione culturale diversa. Crediamo che vada recuperato, soprattutto in questo tempo di crisi il principio della solidarietà. Ci sono anche altre sfide che ci interpellano, a partire dal nodo del rapporto tra ambiente e produzione industriale, che se non si risolve non possono portare a soluzione la problematica Ilva e quella del Petrolchimico e della Edipower; così come la necessità di dare ossigeno alle piccole imprese, ormai in uno stato comatoso per l'assenza del credito e per assenza di coerenti politiche industriali in grado di  generare un'idea di aggregazione piuttosto che di frammentazione, per fare in modo che le stesse possano aumentare la loro capacità di capitalizzazione e di possibilità di stare sui mercati internazionali. Ma, allo stesso tempo, noi abbiamo il dovere di preservare un patrimonio di tecnologie e saperi industriali che diversamente potrebbero andare dispersi; per cui è importante investire sulla ricerca ma anche su un rapporto più stretto tra scuola, università e lavoro. Occorre, insomma, una politica industriale adeguata al momento storico, che dovrebbe favorire, attraverso istituti dedicati, la circolarità di sinergie e di cooperazione tra scienza, industria e finanza. Ma oggi, nel nostro Paese, non c'è traccia di una impostazione di questo tipo. Per questo chiediamo alla nostra Confederazione un intervento più spinto per le nostre aree. Davvero noi possiamo diventare il più grande cantiere del Paese. Sono svariati i milioni di euro disponibili che possono creare nuova occupazione e ridarne a coloro che sono stati espulsi dai processi produttivi. Ma non basta evocarli! Né serve fare l’elenco di tutte le vertenze che ogni categoria sta affrontando; non basterebbe il tempo. Vogliamo invece concentrarci sulle proposte che possono far uscire dal pantano della crisi i vari settori. Per queste ragioni, abbiamo prodotto, unitariamente, due documenti sulle opportunità di sviluppo che pensiamo, come già detto, si possono realizzare attraverso i driver. Sono stati consegnati alla Presidenza del Consiglio per quanto riguarda Taranto, poiché è attivo il Tavolo inter-istituzionale e alla Consulta per lo sviluppo presso la Provincia, mentre per Brindisi al CPEL, il Comitato Provinciale per l’economia ed il lavoro presso la Provincia ed alla Prefettura alla quale abbiamo chiesto di promuovere nei confronti del Governo l’istituzione anche per Brindisi di un tavolo inter-istituzionale. Ripartiamo da noi, dalla nostra storia, dalle nostre esperienze, dai nostri valori. Noi siamo sempre stati per la cultura dell’altro e non dell’io, continuiamo a credere che insieme possiamo farcela solo se non smarriamo la via della condivisione, della coesione e della corresponsabilità.

Giulio Colecchia

La Cisl si mobilita per lottare ma anche per costruire percorsi nuovi, come la raccolta di firme promossa dalla Federazione dei Trasporti della Cisl sul cosiddetto sciopero intelligente. Non siamo, dunque, legati a vecchi schemi ma abbiamo la capacità di rinnovarci. Nella presente società liquida non ci sono appigli per il cittadino. L’unica maniera che ha la politica per rispondere alla crisi è quella di spingere la piazza verso il conflitto, tanto poi il Governo decide nelle segrete stanze. La Cisl vuol mettere insieme, invece, la gente facendo incontrare gli interessi diversi ma è molto faticoso. La Cisl vuol mantenere alto il livello della proposta e del confronto politico, per non lasciare che la società liquida faccia affogare le persone. L’Europa va difesa ma occorre anche proporne il cambiamento, perché non sia più sede di contraddizione e centro decisorio di tagli e non di crescita. Essa ha bisogno di uno Stato europeo, di una unione di popoli e non di nazioni, per connettere gli interessi puntando ad una grande collaborazione e cooperazione (es. la portualità e il sistema logistico di Taranto, le infrastrutture viarie come la dorsale adriatica, l’alta capacità ferroviaria, l’energia, l’Università, la Ricerca). Occorre ancora legare lo sviluppo del Mezzogiorno allo sviluppo generale del Paese e si sbaglierebbe a pensare che il Mezzogiorno sia tutto uguale. La vicenda Tap, ad esempio, è una grande opportunità per il Paese e per la Puglia anche se questo non significa sottovalutarne il portato eco-ambientale e analogo ragionamento vale per l’opportunità costituita da Tempa Rossa. Matera capitale europea della cultura può costituire effetto di trascinamento per tutta la cultura del Mezzogiorno che crei reali opportunità di destagionalizzazione al turismo per creare reali opportunità di sistema. Dunque, perché non creare un raccordo tra Lecce, Taranto e Matera per puntare a connetterne i sistemi? Per questo abbiamo chiesto a Vendola di convocare, insieme al Presidente Pittella, un tavolo con imprese e sindacati confederali di Puglia e Basilicata per programmare iniziative comuni. É compito del sindacato lottare contro i campanilismi ed ogni egoismo per creare sempre nuove opportunità per tutti. Quello che sta succedendo per la sanità pugliese desta ancora grosse preoccupazioni per la scarsità di risorse e per i ritardi nel recuperare gli sprechi con l'istituzione di una centrale unica per acquisti. Il cambio prossimo dei Direttori generali non deve avvenire, per noi, con logiche localiste che nascondono operazioni clientelari. Con la Legge Delrio si pone una questione nuova per i servizi ai cittadini sul territorio; i comuni (al di sotto dei 5 mila abitanti) devono mettersi insieme per offrire quei servizi in forma consortile ed il sindacato ha un compito importante di orientamento e contrattazione. Per i Fondi Strutturali occorre rimuovere tutti gli ostacoli che ne rallentano la spesa. La spinta vertenziale per accelerare lo smaltimento intelligente, differenziato dei rifiuti anche per sollecitarne la corretta gestione anche da parte dei cittadini. Il nuovo Piano regionale dei trasporti che la Regione sta preparando con il confronto con le parti sociali, dovrà accentuare, in chiave europea, la costruzione di un sistema regionale che sia integrato con l'intera piattaforma meridionale. Molto grave, infine, in quanto insufficiente, appare la risposta che in Puglia viene data all'industria manifatturiera.

Giuseppe Farina

“Siamo in tempi di cambiamento. Continuare a fare le stesse cose allo stesso modo e aspettarsi dei risultati, è una follia” (cit). La Cisl c’è. Negli ultimi due mesi abbiamo fatto decine di manifestazioni (metalmeccanici, pubblico impiego, pensionati, edili, le 100 piazze, manifestazioni di Firenze, Napoli, Milano). Siamo stati capaci di parlare con i nostri associati e loro ci hanno capito. Noi non facciamo le mobilitazioni per far cadere il Governo ma per cambiare la manovra economica del Governo. Insomma, il nostro è un percorso solo sindacale. Se anche ci fossero ragioni sindacali forti per lo sciopero, il contesto attuale non è adatto a realizzarlo a meno che non si affrontino temi specifici, come ha fatto il pubblico impiego ieri 1 dicembre. Quello della Cgil ha forti contenuti politici e questo la differenzia dalla Cisl. Quando la Cgil ha deciso di fare il sindacato, insieme con noi ha sottoscritto l’accordo sulla rappresentanza; adesso si trova d’accordo con Landini per fare opposizione al Governo. Il Jobs Act non è lo strumento per creare lavoro ma come non riconoscere che esso contiene risposte per i giovani (estensione degli ammortizzatori sociali, decontribuzione, abbassamento Irap) che sono gli ultimi del mondo del lavoro e che grazie alla riduzione fiscale pari al 30% avranno opportunità di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescente. La Cisl ha sempre chiesto (a Monti, a Letta) di ridurre le tasse sul lavoro per quanto il lavoro si crei con politiche specifiche di indirizzo che possano favorire la ripresa e l’occupazione. Un sindacato serio fa il sindacato e non fa politica. La Cgil è in crisi di identità. I suoi 110 anni di storia sono stati messi in discussione dal rapporto non più organico con la politica, in quanto Renzi non intende esserlo. La Cisl ha il problema di un Governo che ha scelto di essere diverso, sbagliato, adottando un profilo antisindacale. Che si nega all’interlocuzione. Ma non esiste che in una situazione di crisi così grave ci possa essere un uomo solo al comando; infatti Renzi oggi sta pagando tale scelta. Ma con il persistere della crisi comincia a venir meno anche la sua arroganza. Le manovre in atto da parte del Governo non saranno, dunque, in grado di creare lavoro; la finanziaria non dà discontinuità alla crisi perché mancano politiche che favoriscano gli investimenti per lo sviluppo e soprattutto ci sono ancora sono 13 miliardi che, in alcune regioni del Sud, andavano spesi ma non si sarà capaci di spendere. Dunque, occorrono investimenti pubblici in particolare nel Mezzogiorno, che non è tutto uguale ma che diventa sempre meno meta di investitori privati. Altrove, nel mondo, ci sono livelli di crescita eccezionali e la povertà in assoluto sta diminuendo. Il modello europeo è in crisi ed è a rischio il welfare che ci siamo conquistati nel tempo. Occorre allora dare valore a tutte le potenzialità che possediamo, spingendo ognuno a fare la propria parte con grande senso di responsabilità. L'intervento pubblico sull'ILVA è auspicabile e necessario ma questa non è una bella notizia né è una scelta che da sola assicurerebbe una prospettiva solida per lo stabilimento tarantino. È solo la conferma che la situazione dello stabilimento è difficile e non ci sono soggetti industriali privati disponibili ad un intervento per il suo rilancio. I grandi assenti sono gli imprenditori siderurgici italiani: non si può continuare, da parte loro a dichiarare strategico il settore siderurgico per il nostro Paese e poi defilarsi dai loro impegni e dalle loro responsabilità. Sull'ILVA, no quindi al ritorno al passato ed alla negativa esperienza Italsider, si invece ad un intervento transitorio del Governo ed alla presenza di soggetti industriali nazionali ed esteri in grado di gestire il rilancio dei volumi di produzione, il risanamento ambientale e l'integrità industriale ed occupazionale dello stabilimento. C’è una parte dell’economia illuminata, specie multinazionale, che pensa di coinvolgere il sindacato solo quando ci sono i problemi. E’ una versione nuova del capitalismo cui rispondere con un sindacato forte ma soprattutto unito. Sulla questione crisi il Governo deve fare molto di più. Affrontare i nodi della competizione industriale (ambiente, energia, sistema del credito …) significa farlo in modo complessivo e non azienda per azienda. Il sindacato, invece, deve riposizionarsi nel ‘mercato’ della rappresentanza che si è molto complicato. La Cisl sta investendo sul modello confederale, completando il percorso degli accorpamenti categoriali e valorizzando un forte raccordo con il territorio.

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