Intervento di Giulio Colecchia al XVI Congresso Confederale
CISL PUGLIA - Se qualcuno ancora avesse qualche dubbio, il ragionamento che Raffaele ha offerto a questo Congresso, ma ancor di più, all’intero mondo del lavoro e dell’economia,,ha chiarito senza equivoci la matrice riformatrice della CISL; ed ha indicato, con altrettanta chiarezza, cosa la CISL propone, per milioni di persone, uomini e donne, giovani ed anziani, quale orizzonte, quali diritti, quali impegni, quali speranze. Il Nuovo Umanesimo che abbiamo messo al centro delle nostre riflessioni congressuali, nei territori e nelle categorie, non è una semplice elaborazione concettuale, non è uno slogan buono per questo tempo, per un Congresso; è un rimettere le cose in ordine, nell’ordine delle priorità di un Paese moderno, avanzato, che si confronta con le sfide dell’internazionalizzazione, dell’innovazione, con i temi della giustizia e dell’ascolto sociale; un ordine di priorità che non può che vedere l’essere umano ed i suoi bisogni al centro di ogni attenzione.
Ogni passo della relazione ripropone questo “definire valori ed obiettivi”; ripropone alla nostra riflessione la necessità di rilanciare, nell’iniziativa, quelli che sono i cardini di un’elaborazione che viene da lontano ma che riscopre, oggi, di fronte a sfide che sono nuove, una grande e giustificata attualità.
Così, con questo Congresso, quello che per anni abbiamo coltivato come il “nostro modello sindacale” – partecipativo, solidaristico, contrattuali sta, autonomo – diventa il modello che la CISL propone a tutto il mondo del lavoro, all’economia, alle Istituzioni di Governo.
Un passaggio necessario, non un atto di sfida, non una nuova puntata della storica competizione all’interno del sindacalismo confederale, non una rivalsa nei confronti di chi ancora continua ad interpretare ruoli antagonisti oramai consegnati alla storia; un passaggio necessario non tanto per assicurare una sopravvivenza ad un modello sindacale che oggi, sappiamo, deve trovare nuovi spazi, nuovi scenari e nuovi approcci per ribaltare visioni negative che gli hanno cucito addosso.
Un passaggio necessario proprio per dare - agli uomini ed alle donne che guardano a noi e che mettono nelle mani del sindacalismo confederale i propri bisogni e le proprie speranze - quelle risposte, quella rappresentanza, quella dignità di cui hanno diritto in un mondo sempre più veloce nei cambiamenti, sempre più ingiusto nella distribuzione della ricchezza, sempre più violento con le sue guerre e con la negazione dei diritti dell’umanità.
Oggi è qualcosa di più che un semplice confronto tra modelli diversi di relazioni tra centrali confederali; non è semplicemente riassumibile nella diversa visione del ruolo del sindacato nella società che distingueva , dall’origine, dalla nascita della CISL, il pensiero di Pastore da quello di Di Vittorio.
Oggi il modello di relazioni a cui la CISL si ispira, quello che sta diventando il modello di relazioni sindacali del Paese è una necessità per tutto il sindacalismo italiano, e non solo per sopravvivere agli attacchi dei detrattori e di quanti vorrebbero le “mani libere” in uno stato liberale, ma soprattutto perché è l’unico “adeguato” a sostenere il peso di responsabilità crescenti in un Paese la cui economia passa di crisi in crisi senza un progetto forte ed unitario di sviluppo, in un Paese in cui la differenze, le distanze economiche tra i cittadini, le opportunità di crescita dei sistemi territoriali, le distanze motivazionali ed etiche tra le generazioni, sono sempre più divaricate, sempre più distanti.
Del resto, l’unica cosa che sta davvero cambiando in questo Paese è proprio ilo sistema di relazioni con cui il mondo del lavoro partecipa alle decisioni che lo riguardano. Questo ci carica ancora di più di responsabilità non mediabili, né delegabili e, soprattutto, non rinviabili. Dopo la stagione delle lotte per affermare la democrazia sociale nel Paese, dopo le battaglie per acquisire il diritto alla contrattazione, alla presenza attiva del sindacato sui posti di lavoro, alla conquista della dignità di “attore e protagonista sociale” nella stagione della concertazione e delle politiche dei redditi, dopo queste conquiste è giunta l’ora di affermare principi e metodi della partecipazione più diretta dei lavoratori alla vita delle imprese, è giunta l’ora della battaglia perchè la democrazia economica non sia più soltanto un obiettivo genericamente enunciato dalla Costituzione, ma un momento concreto di governo dell’economia. E’ questo, a mio avviso, il passaggio più importante che, con questo Congresso e con la forte spinta della relazione di Raffaele la CISL mette a disposizione del Paese e della necessità di innovazione.
Questa crisi finanziaria ha rappresentato – forse – la fine di un modello ed ha rilanciato la necessità di governare i processi dell’economia mondiale.
Dico “forse” perché è ancora tutto da dimostrare che gli Stati sappiano e riescano davvero a farlo. Perché la “governante” dell’economia su scala globale presuppone la rinuncia o almeno la limitazione dei poteri decisionali “nazionali” se si intende realmente dar vita a nuovi strumenti di controllo. E non solo, “governo dell’economia” ovunque nel mondo deve significare affrontare anche i problemi della produzione, dell’ambiente, dei diritti umani e civili, di quelli del lavoro in un contesto nel quale la “responsabilità” diviene elemento decisivo; una responsabilità di fronte ai popoli, di fronte alla storia di cui gli Stati di tutto il mondo fino ad ora hanno dimostrato di non avere in considerazione.
E’ questa una grande sfida alla quale il sindacalismo riformista, quello veramente autonomo e popolare, quello che per questo è il più autorevole, ovunque sia, deve accettare, impegnandosi in una battaglia per rilanciare in tutto il mondo la battaglia per i diritti civili, per la difesa delle libertà, per l’affermazione ovunque della centralità della persona di fronte a governi, all’economia, alle regole del mercato.
Per questo, questa crisi parla anche al sindacato, impegna anche noi tutti ad alzare lo sguardo “oltre l’orizzonte”, per tenere a vista la dimensione mondiale del lavoro e la battaglia per l’affermazione dei suoi diritti, per non dimenticare che i poveri crescono sempre più ovunque, che la divisione internazionale del lavoro e la mobilità delle imprese impone una nuova e per certi versi diversa attenzione alle loro strategie ed alle scelte con cui si cercano nuovi mercati.
Guardare “oltre l’orizzonte”, comunque, non deve farci distrarre da quelli che sono i problemi più immediati. Anzi, credo che questo approccio debba imporre al sindacato in maggiore senso del concreto, un maggiore pragmatismo. E’ l’esigenza di coniugare l’emergenza con la prospettiva quella che deve spingerci alla ricerca di risposte che offrano soluzioni ai problemi che incombono, come questa crisi ed i suoi effetti, puntando, nel contempo a definire un quadro di migliori condizioni complessive. Credo, in sintesi, che non debba esserci “un tempo per l’emergenza ed uno per le riforme”; anzi avere un’idea di Governo, avere un progetto, un programma vuol dire contemperare questi due momenti, trovare spazi e risorse per affrontare le necessità improvvise, le emergenze, senza perdere di vista il quadro generale di cambiamento, di riforme di cui il Paese ha bisogno.
La nostra azione, quindi, deve spingersi su terreni nuovi ma che consolidino il nostro modello:
• Con una “solidarietà” che si vesta di “fare” più che indulgere nel “dire”, con iniziative concrete verso coloro che hanno maggiori necessità e minori risorse; una solidarietà che vada oltre concetti caritatevoli ed assistenziali per suscitare – anche qui attraverso il rispetto della persona – sentimenti di responsabilità;
• Attraverso la scoperta e valorizzazione del legame tra “produzione” ed “ambiente”, tra produzione e sicurezza sul lavoro, tra produzione e “salute del cittadino”. Superare gli antichi steccati e le rigidità preconcette, le tante paure ancora presenti oggi è possibile attraverso una forte azione di sensibilizzazione e di richiamo alla responsabilità delle Istituzioni, delle imprese e degli stessi lavoratori-cittadini. Peraltro, la scoperta e diffusione di nuove tecnologie e di una più seria ricerca scientifica mette a disposizione nuove opportunità. Ciò vale anche nel settore energetico dove, pur preferendo produzioni con energie rinnovabili, non possono essere trascurati i successi e progressi della ricerca anche in campo nucleare.
• Con un “fisco” che non sia inteso come minaccioso nemico del contribuente. Il fisco non deve essere elemento di punizione ma deve essere strumento di equità e giustizia sociale, assicurando la partecipazione del cittadino-lavoratore-produttore al funzionamento degli strumenti di crescita civile, sociale e della salute. Importante è la decisione politica che deve diventare certezza e continuità di azione, di procedere verso la lotta all’evasione fiscale con strumenti di tracciabilità delle spese.
• Con un lavoro che – nell’attuale fase di cambiamento – sia più diffuso, meglio qualificato, più gratificante e sicuro, meglio retribuito; un lavoro che segni il passaggio dalla “precarietà” al riconoscimento delle tutele, con lo “statuto dei lavori”.
• Con un’attenzione diversa verso la “scuola, la formazione, l’università, la pubblica amministrazione”, considerando i relativi processi di riforma come investimenti della società stessa su se stessa e non come settori su cui intervenire con “tagli e mortificazioni del personale”.
• Con maggiore concretezza verso i problemi della “terza età”, attraverso un mix di politiche ed iniziative che sostengano progetti di anzianità attiva, che coniughino assistenza e salute, che definiscano l’attivazione di strumenti quali il fondo per la non autosufficienza, che migliorino le condizioni di vita dei pensionati rafforzandone il potere di acquisto delle pensioni.
• Con un nuovo impegno – ma vero! – nei confronti delle aree meno sviluppate e del Mezzogiorno in particolare. Qui, anziché insistere con richiami alle cause originali ed ai padri del meridionalismo il sindacato, la CISL deve impegnarsi nella costruzione del “nuovo cittadino meridionale”. L’impegno verso un processo culturale di cambiamento delle abitudini, dei comportamenti, delle decisioni degli uomini e delle donne del meridione non fa andare, comunque, in seconda fila l’impegno per richiedere al sud quell’impegno finanziario, senza dubbio sussidiari, che fino ad oggi tutti i governi, di qualunque ispirazione politica, ci hanno sottratto. La politica, su questo aspetto, deve essere più leale. A noi, meridionali, poi, il cambiamento di cui c’è davvero bisogno:
- Respingendo ogni forma di assistenza che non fa crescere il comune senso di responsabilità
- Respingendo atteggiamenti di pregiudiziale negazione dei cambiamenti e delle innovazioni
- Costruendo un nuovo protagonismo della società, dei cittadini, che non si limiti alla denuncia, ma si innesti su fondamenta di più forte partecipazione e di vera contrattazione.
Il “territorio” è, in questa visione, il luogo più adatto sul quale far crescere la pianta della responsabilità, soprattutto nelle Istituzioni e nelle forze sociali.
Ma anche nel territorio il modello vincente deve essere quello della contrattazione e delle alleanze anziché quello antagonistico.
E, nel territorio lo strumento più adeguato a favorire cambiamento nella sicurezza di diritti e tutele è “la contrattazione”.
La CISL deve favorire questo processo sostenendo le fasi di contrattazione (aziendali, territoriali, ecc,) con un intenso processo di formazione sindacale, dotando le proprie strutture di strumenti di conoscenza ed analisi delle variabili sociali, sanitarie, di bilancio, produttive, demografiche (ad es. centri studi).
Il Federalismo fiscale impone anche al sindacato un cambiamento di metodo, un approccio diverso e comportamenti adeguati.
In PUGLIA la crisi morde con grande intensità. Numerose sono le crisi aziendali: dai grandi gruppi (RIVA, NATUZZI), alle grandi aziende (FIAT, BOSH, GETRAG), ma soprattutto nelle piccole e piccolissime aziende che rappresentano il 99% del suo tessuto produttivo.
La CISL sta fronteggiando questo difficile momento con un’intensa azione di rappresentanza e contrattazione (utilizzo ammortizzatori in deroga), ma anche guardando a quegli strumenti che potranno accompagnare la Puglia oltre la crisi, dai distretti produttivi, alla realizzazione dei processi di Aree Vaste fino alla definizione delle politiche fiscali all’interno dell’incalzante federalismo.
Questi sono per noia anche momenti di verifica della nostra capacità di essere realmente protagonisti di modelli partecipativi , ma anche della responsabilità con cui imprese ed istituzioni affrontano i processi di sviluppo e di governo sociale dei problemi.
Ma su questi argomenti si misurerà anche la possibilità di riprendere percorsi unitari con la CGIL.
Il PATTO DI RESPONSABILITA’ per il Mezzogiorno che propone la relazione dovrà partire dall’iniziativa di tutte le CISL meridionali nella rivendicazione, nei rispettivi territori, di infrastrutture, di sistemi locali e di conti pubblici efficienti. Ciò perché, una nuova stagione per il Mezzogiorno dovrà vedere in campo, insieme alle risorse finanziarie necessarie, una più “responsabile capacità di spesa” di regioni ed enti locali, la costruzione di “reti” ed un più efficace e diffuso “dialogo sociale”.
Tutto ciò sarà possibile se il nostro modello diverrà, sempre più, il modello vincente e se, invece, i tanti “NO” (come quelli che abbiamo ascoltato da Epifani) verranno accantonati.
Tutto ciò è ancora più necessario al sud dove il peso, la cappa di un rifiuto verso l’innovazione riformatrice è più grave che al nord dove pure esiste una struttura produttiva ed industriale consolidata e di discrete dimensioni.
Per questo nel Mezzogiorno innovare i modelli di relazioni come abbiamo fatto con l’intesa sulla contrattazione, ma anche con il dialogo, il confronto, la cooperazione interistituzionale) è ancora più necessario ed essenziale.
Attrezziamoci, quindi, per affrontare questo nostro tempo, questi anni con molta concretezza perché oltre questa crisi, oltre il lavoro che cambia, oltre le risorse dell’intervento straordinario … oltre l’orizzonte ci sono sfide nuove e, quando lì ci saremo, dovremo essere pronti ad affrontare anche quelle.