Cis, ex Ilva, Zes: opportunità che Taranto non potrà mancare
Nota di Antonio Castellucci, Segretario generale Cisl Taranto Brindisi
[Cisl Taranto Brindisi]
Consideriamo positiva la ripresa del Tavolo permanente collegato al Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS) per l’area di crisi di Taranto, come analogamente essenziale riteniamo sia porre attenzione, mediante progettualità e risorse disponibili, ad uno sviluppo aggiuntivo e diversificato richiesto da tempo per tutti gli altri settori cui è vocato il territorio ionico: turismo, infrastrutture portuali, agricoltura, mitilicultura, chimica, edilizia con la riqualificazione urbana, commercio, servizi, ecc. Non per ultimo, che si accelerino i tempi per l’esigibilità degli interventi relativi alla Zes ionica interregionale di cui sottolineiamo l’importanza che questo intervento che potrà generare per il Pil locale e nazionale, in sinergia e con la moderna area portuale adiacente. Non esistono più margini di attesa dal momento che questo è territorio che necessita di riscatto sociale, economico, occupazionale immediato con possibili riverberi positivi sul benessere più in generale della Puglia, del Mezzogiorno e, dunque, del Paese; anch’essi particolarmente attesi. E la via del riscatto non potrà che passare, anche, dalla clausola sociale, contemplata nello stesso Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS), giacché se non operano le imprese e i lavoratori del territorio, non si creerà mai benessere reale e tale evidenza auspichiamo venga assunta e condivisa anche dal Governo nazionale e del Mise in particolare. Taranto è area penalizzata in quanto detiene percentuali tra le più alte regionali di giovani disoccupati, i quali non si aspettano affatto di vedersi confermata la dignità sociale con quel palliativo che si sta manifestando essere il reddito di cittadinanza. E se la fondatezza delle analisi pare acquisita e almeno nominalmente condivisa da tutti gli attori istituzionali, sociali e professionali del Paese, meno percorribile è apparsa finora la disponibilità al confronto da parte del Governo, con gli interlocutori sociali ai vari livelli, magari partendo esattamente dal Sud e da queste nostre aree. Confermiamo che la Cisl è il sindacato che vuol costruire “ponti e non steccati”, che non sceglie i Governi con cui confrontarsi ma si misura con tutti, che rifugge dallo scontro ideologico, che considera anche il contradditorio sempre costruttivo in democrazia, in quanto elemento determinante per un dialogo, un confronto, una condivisione, una o più soluzioni condivise. Quanto al CIS, le risorse finanziarie di circa un miliardo e l’istituzione dei tre tavoli di lavoro tematici coordinati dai Ministri competenti: ambiente e salute, industria e innovazione, riqualificazione sono condizioni oltremodo utili per velocizzare finalmente le opere programmate, quelle da cantierizzare e le altre da ultimare. Nel corso dell’ultimo incontro abbiamo valutato positivamente l’orientamento espresso, di voler accelerare correttamente sulle risorse impegnate nei vari progetti passando entro settembre dagli attuali circa 300 a circa 700 milioni. Non va mai dimenticato che il CIS fu uno strumento istituito ad hoc per il l’area di crisi di Taranto a fine 2015, per gestire anche la crisi del più grande stabilimento manifatturiero italiano e far fronte alla crisi che attanagliava allora ma continua, purtroppo, ad imperversare sull’intera area territoriale. E neppure va sottaciuto lo scenario tanto inesplorato quanto rischioso per il territorio e per il Paese a seguito delle preoccupanti e inattese dichiarazioni, di qualche giorno fa, dell’AD di Arcelor Mittal Europa secondo il quale, in assenza di una soluzione al problema della protezione legale, si chiuderebbe lo stabilimento ex-Ilva di Taranto il 6 settembre p.v., data che segnerebbe l’entrata in vigore della legge che ha abolito l’immunità. Sarebbe inopinatamente disatteso l’accordo sottoscritto al Mise il 6 settembre u.s., ovvero l’occupazione di migliaia e miglia di lavoratori diretti, dell’indotto e appalto in tutta Italia, un piano industriale avvalorato da un investimento di circa 1,25 miliardi, investimenti per ambientalizzazione dello stabilimento per 1,15 miliardi, l’aggiunta di 1 miliardo ed oltre sequestrato alla famiglia Riva da destinare all’ambiente ed alle bonifiche. Chiudere lo stabilimento significherebbe una “Bagnoli due” come tanti addetti ai lavori ricordano ed anche non bonificare ed ambientalizzare più l’area del siderurgico, non garantire il reddito a migliaia di addetti, ridurre le potenzialità di investitori del manifatturiero perdendo definitivamente anche la produzione dell’acciaio italiano. Ecco perché siamo convinti che bisogna scongiurare la chiusura dello stabilimento. Questo braccio di ferro Arcelor Mittal – Di Maio/Governo è deleterio per l’intera comunità ed il Paese. Il Governo faccia il Governo garantendo in questa vertenza una strada già tracciata e ben definita, attraverso l’accordo del 6 settembre, senza alcuna variazione nei contenuti; Arcelor Mittal rappresenti l’impresa responsabile, rispettando sempre lo stesso accordo e ritirando la procedura di cassa integrazione avviata per i circa 1400 dipendenti che diversamente si aggiungerebbero ai circa 1700 collocati in A.S., i quali , quest’ultimi almeno in parte sarebbero già dovuti essere utilizzati per le bonifiche con l’impiego delle risorse sequestrate alla famiglia Riva. Ambiente, lavoro, salute e sicurezza vanno trattati simultaneamente; non c’è chi viene prima e quale interesse viene dopo, in quanto sono correlati e parte integrante di un paradigma che una volta sviluppato dà come risultato lo sviluppo sostenibile del territorio e non solo dello stabilimento ex Ilva. È il momento della responsabilità e del sano confronto sia a livello nazionale che territoriale: i lavoratori diretti e indiretti, le loro famiglie, i cittadini e l’intera comunità incominciano ad essere stanchi di queste provocazioni. Rilevanza e competitività della più grande industria manifatturiera italiana che ospita Taranto passano dalla piena applicazione dell’accordo del 6 settembre, sottoscritto al Mise e di cui il Governo con il ministro Di Maio è il garante. È per questo che confidiamo nei prossimi incontri previsti, per quanto attiene all’aspetto dell’immunità ed alla cassa integrazione, affinché si riesca a ricondurre tutti a maggiore consapevolezza e ad una piena assunzione di responsabilità, nel dovere e potere proseguire sull’intero percorso ma in maniera virtuosa. Le questioni ambientali sono problematiche risapute e note, ascrivibili decisamente alle gestioni passate. Un esempio per tutti: vorremmo far riferimento alle forti criticità sanitarie, che non trovano ancora la giusta soluzione, dopo l’ennesimo piano di tagli e di riordino della spesa sanitaria regionale, a causa dell'assenza di strutture appropriate a garantire cure sul territorio. Probabilmente nessuno è esente da responsabilità per come oggi è in sofferenza quest’area ma non può essere sempre Taranto il territorio degli scontri o dei litigi politici. Così come non può sfuggire l'esigenza e l'urgenza di portare a compimento tutte le opere di ambientalizzazione perché si ponga fine ad una devastazione sociale che ha un costo elevato in termini di vite umane e di malattie.
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