Covid-19, Cgil Cisl Uil Lecce: incontro all’Inps sulle domande degli ammortizzatori sociali

[Cisl Lecce]

Nella giornata di ieri, su richiesta delle Organizzazioni sindacali, si è tenuto un incontro con l’Inps provinciale sull’andamento della lavorazione delle pratiche per il riconoscimento degli ammortizzatori sociali per Covid-19. All’incontro hanno partecipato: per l’Inps il direttore provinciale Marcello Amodio, il direttore della sede di Casarano Antonello Bove, il vicedirettore provinciale Antonio Rizzo, la responsabile dell’Agenzia interna Vincenza Pasqua, il presidente del Comitato provinciale Inps Salvatore Labriola; per le organizzazioni sindacali i segretari generali provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Valentina Fragassi, Antonio Nicolì e Salvatore Giannetto. L’Istituto ha fornito a Cgil, Cisl e Uil i numeri sulla situazione delle domande ricevute, lavorate e liquidate in provincia di Lecce, per quanto attiene la cassa integrazione ordinaria (Cigo), straordinaria (Cigs), in deroga (Cigd) ed il Fondo di integrazione salariale (Fis) previsti per fronteggiare l’emergenza sanitaria. I numeri Alla data del 23 aprile all’Inps di Lecce sono pervenute 2.413 domande (al netto di 69 domande annullate su richiesta del datore di lavoro) di cassa integrazione per Covid-19 da parte delle aziende. Le domande definite sono 2.187 (236 domande sono in giacenza e verranno lavorate con una nuova procedura). Le domande di Fis sono 938, quelle definite 66. Al momento sono stati già disposti 2.799 pagamenti a favore di altrettanti lavoratori (tra Fis e cassa). Per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga, sono pervenute appena 291 domande di cui ben 289 già definite, che hanno prodotto già 102 assegni ad altrettanti lavoratori. A questi dati vanno sommati i numeri riferiti alla sede di Casarano. Qui le domande pervenute riguardano 1.261 aziende, di cui 1.183 già definite. Le domande di Fis sono 265, quelle definite 41. I pagamenti disposti riguardano ben 1.704 lavoratori. Le domande di Cigd sono 103, tutte definite con 134 pagamenti. Il lavoro dell’Inps Sono numeri che pongono l’Inps provinciale di Lecce al sesto posto nella graduatoria nazionale per numero di pratiche definite (ben oltre il 90 per cento rispetto a quelle presentate). Le Organizzazioni sindacali constatano il grande sforzo operato dall’Istituto e dai suoi dipendenti, che pur lavorando in smart-working hanno saputo dare una risposta tempestiva alla mole di domande pervenute nell’ultimo mese. Cgil, Cisl e Uil hanno richiesto e ottenuto dal direttore Amodio di ricevere un’informazione periodica sull’andamento delle lavorazioni degli ammortizzatori sociali. In tal modo sarà possibile avere un osservatorio certo e costante sul disbrigo di queste pratiche così importanti per migliaia di persone. Appare chiaro che il confronto di ieri nasceva dalla preoccupazione, condivisa da Organizzazioni sindacali e Inps, di fornire una risposta, la più sollecita possibile, alle tante esigenze primarie dei lavoratori e delle lavoratrici. In particolare di chi tra essi non ha potuto percepire gli anticipi della cassa da parte delle proprie aziende, né ha potuto percepire l’anticipo dell’ammortizzatore sociale (sotto forma di prestito) da parte delle banche. I sindacati hanno preso atto, su informazione fornita dall’Inps, di una sofferenza da parte della Regione Puglia a definire in tempi celeri le pratiche di cassa integrazione in deroga. Lavoreremo con i nostri Patronati per monitorare, agevolare e sveltire l’iter regionale e sollecitare l’iter del pagamento diretto da parte dell’Inps o l’anticipo delle banche. Nel corso dell’incontro è emersa anche l’amarezza delle Organizzazioni sindacali in particolare per la mole di richieste di cassa integrazione in deroga presentate alla Regione provenienti dalla provincia di Lecce: oltre 6.800 richieste, che interessano più di 28mila lavoratori. Fa riflettere come l’importo medio dell’assegno sfiori i 1.000 euro a lavoratore, ossia il 30 per cento in meno rispetto agli importi percepiti in media in altri territori regionali. Una distorsione dovuta all’esplosione di lavoro povero e precario, ma soprattutto dalla proliferazione di contratti-pirata (quei contratti collettivi siglati da sigle sindacali e datoriali meno rappresentative, con lo scopo di pagare meno i lavoratori e riconoscere loro minori diritti e tutele).

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