Rapporto Svimez: Fumarola, un pugno allo stomaco
Necessario investire in infrastrutture materiali e sociali
[Cisl Puglia]
Le anticipazioni del Rapporto Svimez sono l’ennesimo pugno allo stomaco di milioni di italiani che vivono e investono le proprie energie nelle regioni prese in considerazione dal report annuale. Dopo Bankitalia, Istat e il 'Check-up Mezzogiorno' realizzato da Confindustria e Srm-Studi, anche l’Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno lancia l’allarme su una strategia che non sta dando alcun frutto né economico né sociale. Non ci consola il dato positivo relativo al Pil pugliese perché non va a modificare il contesto interregionale così profondamente fermo da anni e che vede al palo tutti i parametri vitali di una economia che stenta a valorizzare i settori d’eccellenza, pur presenti nel nostro Sud, e abbandona quelli in difficoltà. Oltretutto, almeno per la Puglia, quell’1,3% di tasso di sviluppo è riferito principalmente al comparto delle costruzioni ma dai dati delle Casse Edili non emergono aumenti significativi dell’occupazione. E questa non è una buona notizia per una regione che dovrebbe correre piuttosto che arrancare. Se solo si sbloccassero i 50 cantieri regionali, parte dei quali opere pubbliche strategiche, i benefici sarebbero sotto gli occhi di tutti. Come Cisl Puglia siamo anche profondamente preoccupati da quel passaggio del Rapporto che segnala l’avvicinamento di regioni del centro Italia (Umbria e Marche) alle dinamiche negative meridionali. Dovrebbe essere esattamente al contrario dopo anni di promesse e piani dalle mille soluzioni. Le regioni del Sud dovevano essersi avvicinate a quelle citate dal Rapporto. Ma ciò che più ci lascia l’amaro in bocca è l’impoverimento sociale, ormai strutturale, del nostro Mezzogiorno: chi può lascia la propria terra per un futuro al Nord o addirittura oltre confine determinando un saldo migratorio negativo impressionante (circa 2 milioni di persone in 15 anni) sul quale i governi hanno il dovere di interrogarsi più a fondo piuttosto che prendere tempo. È quanto mai necessario un cambio di visione sulle politiche di sviluppo nazionali perché una strategia condivisa per il Sud è la migliore strategia per il Paese nel suo insieme. Se non si investirà in una serie di infrastrutture materiali e sociali il Mezzogiorno continuerà ad essere la periferia dell’Italia, e questo non possiamo permetterlo.
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